Rebus cinesi

Che la comunicazione sia complicata in Cina è scontato per tutti.. Che a volte sia necessario risolvere un rebus per acquistare un semplice biglietto dell’autobus, forse non tutti lo mettono in conto.

Io e i miei compagni di viaggio lo abbiamo sperimentato sulla nostra pelle durante un articolatissimo viaggio cinese, nel trasferimento da Lijang a Shangri-la, piccolo villaggio tibetano, nella regione dello Yunnan.

Pieno agosto 2012: dopo aver preso un minibus blu fino al centro cittadino, raggiungiamo la fermata degli autobus a lunga percorrenza, seguendo passo passo le  indicazioni di Huang, un ragazzo molto simpatico con il quale abbiamo passato diverse ore sorseggiando te e giocando ai dadi nella città vecchia di Lijang..Proviamo ad acquistare un biglietto per Shangri-la ma la signora in biglietteria fa di no con la testa. Mi passa un bigliettino scritto in cinese, dove riusciamo a riconoscere solo due numeri, 8 e 11.

Non ha voglia di perdere tempo a darci spiegazioni e nonostante i nostri tentavi di avere delucidazioni con lo sguardo prima supplichevole e poi sconcertato, veniamo messi da parte dalla gente in fila, fomentata dalla bigliettaia che non sembra avere voglia di perdere neanche un minuto con noi.

Rassegnati, abbandoniamo la stazione e cerchiamo in strada un interprete per il nostro messaggio in codice. Sembra una caccia al tesoro. Mostriamo il bigliettino ai passanti e cerchiamo di capire dalla loro espressione e dalle risposte molto incerte  quello che c’è scritto. Purtroppo non otteniamo risultati confortanti. A dire la verità molti neanche ci rispondono, alcuni sembrano spaventati. La barriera linguistica si sente. Un ragazzo finalmente ci indica la fermata degli autobus urbani dalla quale siamo arrivati.

Perplessi ci avviciniamo alla fermata e qui un ragazzo dopo aver letto il famoso rebus  ci fa segno di prendere l’undici. Ci sembra un po’ strano prendere un autobus urbano per raggiungere Shangri-la, a circa cinque ore di strada. Ma siamo comunque dalla parte opposta del mondo e mi convinco che non posso usare forme di pensiero per me convenzionali.

Tiro fuori il mio inseparabile frasario e  gli chiedo  a quale fermata scendere e dove comprare il biglietto. Mi indica sul tabellone sempre la stessa fermata, che tra l’altro non coincide con il nome cinese di Shangri-la. Per quanto ne so  potrebbe tranquillamente stare cercando di mandare il turista occidentale a giocare sui tombini aperti, oppure davvero non mi capisce e da risposte a caso. Sono abbastanza irritata e devo ammettere che i pregiudizi verso il popolo cinese m’impediscono di mettere in dubbio le mie convinzioni.

A un certo punto chiara, limpida e inaspettata arriva l’illuminazione: una seconda stazione degli autobus a lunga percorrenza per Shangri-la! Ecco dove sta cercando di mandarci! Rebus risolto con tanta fatica e altrettanta soddisfazione.

Morale della favola? La settimana enigmistica per occupare la mente può essere davvero un oggetto inutile in un viaggio cinese.

 

 

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