
Il viaggio in Marocco non è una gita rilassante. Non ti rigeneri, non ti riposi. Lontano anni luce dalle location vippettare stile Sharm. Non è, di certo, la vacanza da villaggio turistico.
Per andare in Marocco devi avere un'agguerrita carica di anticorpi (oltre a riserve di tovaglioli di carta: non ne vedrai), abbondante spirito di adattamento e tanta tanta empatia.
Ti aspettano condizioni igieniche allarmanti, una povertà che ai nostri occhi occidentali appare anacronistica e tanti seccatori insistenti pronti ad imbrogliarti nel souq di turno.

Ma è anche il posto in cui ti dicono che sembri una berbera e ti chiamano Fatima; dove le donne ti accompagnano se chiedi indicazioni e con fare protettivo ti tengono x farti attraversare la strada; in cui ti accolgono col più poliglotta dei benvenuto; e "tu es belle" ti viene rivolto da una voce femminile. È un posto fatto di instancabili lavoratori con cui ti scontri x le viuzze della medina al grido di Balak! È quel posto dove il bonjour dei bambini che ti incontrano e i loro occhi ti fanno dimenticare di tutto tutto il resto.
Un soggiorno marocchino è insieme scuola e campo di prova. E ha reso ancor più forte uno dei miei credo: “Non fissarti in un posto, muoviti, sii nomade, conquistati ogni giorno un nuovo orizzonte...Vedrai cose, conoscerai gente e ti insegneranno molto. Dovrai farlo in regime di economia, niente motel, preparati il mangiare da solo e, come regola generale, spendi il meno possibile, perché così ti ritroverai ad apprezzare immensamente ogni cosa. Non esitare o indugiare in scuse. Prendi e vai. Sarai felice di averlo fatto.”
.jpg)
.jpg)
E quando vai via dal Marocco, hai una sola esigenza: tornarci.... Inshallah